Se sei architetto o ingegnere, come saprai, hai la possibilità di scegliere se versare i contributi all’INPS o a Inarcassa, ente che si occupa esclusivamente dei fondi pensionistici di queste due categorie professionali. Tuttavia, se in molti casi la scelta tra le due casse previdenziali appare semplice, in altri può suscitare controversie legali, per cui sarà di tuo interesse scoprire se gestisci correttamente le tue tasse. Una sentenza recentemente pronunciata dalla Cassazione chiarisce un caso controverso che permette di comprendere bene la differenza tra l’iscrizione all’una o all’altra cassa previdenziale. Vediamola assieme.
Come orientarsi
La scelta tra INPS e Inarcassa non può essere compiuta in base ad una preferenza personale, ma bisogna consultare le normative che stabiliscono il da farsi a seconda dei casi. Il problema nasce quando un architetto o un ingegnere già lavoratore dipendente, effettua anche delle prestazioni di lavoro autonomo. Lo statuto di Inarcassa entra in merito alla questione con l’articolo 21 della Legge 3 Gennaio 1981 n° 6, in cui stabilisce i criteri per l’iscrizione alla cassa.
Quando fare riferimento all’Inps
Il professionista, ingegnere o architetto, deve essere iscritto al proprio albo d’appartenenza. Quando svolge un rapporto di lavoro subordinato però deve essere iscritto a forme di previdenza obbligatorie, quindi all’INPS. Se oltre al lavoro dipendente svolge abitualmente anche attività libero professionale è tenuto anche all’iscrizione alla Gestione separata INPS, un fondo pensionistico creato per tutelare a livello previdenziale ed assicurativo tutti i lavoratori che esercitano attività di lavoro autonomo senza essere soggetti ad altri versamenti contributivi obbligatori. Si applica anche quando il lavoratore non effettua esclusivamente lavoro autonomo.
Quando fare riferimento a Inarcassa
La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti, meglio conosciuta come Inarcassa, per sua stessa definizione è destinata soltanto a chi svolge l’attività di libero professionista e non gode di altra copertura assicurativa. L’iscrizione a Inarcassa è un obbligo in tutti quei casi in cui il professionista è iscritto all’albo professionale, non è assoggettato ad altra forma di previdenza obbligatoria ed è in possesso di partita IVA. Se invece il lavoratore svolge anche attività di lavoro dipendente, e pertanto è iscritto all’INPS, non può iscriversi all’Inarcassa.
I lavoratori esclusi dall’iscrizione a Inarcassa, dovranno in ogni caso versare il contributo integrativo in quanto iscritti agli albi.
Il caso giuridico
La sentenza della cassazione n° 30344 emessa il 18 dicembre 2017 chiarisce alcuni dubbi in merito al versamento delle tasse all’uno o all’altro ente. Questa sentenza boccia il ricorso presentato da un ingegnere che aveva corrisposto il pagamento dei contributi per il lavoro autonomo effettuato ad Inarcassa e non all’INPS. L’ingegnere aveva infatti svolto del lavoro in quanto libero professionista, ma lavorava prevalentemente come dipendente. Secondo i magistrati che si sono occupati del caso, invece, avrebbe dovuto fare riferimento alla Gestione separata INPS. L’ingegnere è stato perciò condannato al pagamento delle somme dovute all’Istituto nazionale della previdenza sociale.
Il caso è eclatante poiché, prima di questa sentenza, in diversi Tribunali e Corti d’appello in casi analoghi la causa era stata vinta dal professionista.