Il rapporto con la casa è stato profondamente influenzato dalla pandemia di COVID-19. Da un giorno all’altro gli italiani si sono trovati in lockdown ed in questo periodo di permanenza prolungata ed obbligata tra le mura domestiche queste sono diventate un guscio in cui sentirsi al riparo dal mondo esterno, ma talvolta sono emersi tutti i limiti di soluzioni inadeguate.
Per molte persone l’esigenza di lavorare o studiare direttamente dalla propria abitazione ha modificato la percezione stessa di casa, adesso diventata un luogo ancora più multifunzionale, da adattare a seconda dei momenti e delle necessità.
Più in generale è cambiato il rapporto con qualsiasi ambiente chiuso, non solo per interni domestici ma anche per uffici ed altri spazi di lavoro, oppure scuole, spazi pubblici e mezzi di trasporto. Nessuno di questi è escluso dalle nuove logiche derivanti dall’emergenza scatenata dalla diffusione del Coronavirus, un’esperienza che ha colpito tutti, in primo luogo come singoli individui, modificando abitudini e comportamenti consolidati.
I piccoli appartamenti in città, soprattutto se privi di terrazze e balconi, si sono dimostrati tra i luoghi meno privilegiati in cui trascorrere lunghi periodi di isolamento. Qui, più che in altri contesti, l’assenza del contatto con la natura e le dimensioni contenute si sono rilevate problematiche da gestire durante il lockdown, soprattutto nelle grandi città.
Le case abitate da famiglie con figli, anche se più ampie, hanno invece sperimentato la difficoltà a conciliare le esigenze di tutti. Le postazioni di lavoro in casa sono state spesso allestite senza aver avuto modo di effettuare una vera trasformazione della distribuzione dello spazio, così come è stato improvvisato lo spazio dedicato alla didattica a distanza.
Inoltre, in questo periodo la casa è diventata anche il luogo dove trascorrere il tempo libero, convertendosi ulteriormente in un ambiente per l’intrattenimento, lo sport o altre attività.
Un altro aspetto emerso riguarda la salubrità degli ambienti e la ventilazione naturale, molto importante per la salvaguardia della salute, così come la necessità di igienizzare frequentemente le superfici.
Per quanto riguarda la distribuzione degli spazi emerge il limite dell’open space per la zona giorno, in quanto soffre della mancanza di un taglio netto tra l’ingresso e lo spazio abitativo, da proteggere dal contatto con ciò che proviene dall’esterno. Necessarie anche stanze con bagno privato in cui si possano affrontare periodi di quarantena senza contatti con il resto della casa.
Tutto ciò richiede una nuova concezione dell’abitare e di conseguenza la riprogettazione degli spazi.
Al momento non sappiamo quali cambiamenti ci attenderanno nel prossimo futuro riguardo al modo in cui gli italiani si rapporteranno con le abitazioni private e con le altre tipologie di ambienti una volta terminata l’emergenza, ma possiamo intuire quali direzioni si svilupperanno. La cosiddetta nuova normalità, ossia la fase di convivenza con il virus, non si sa per quanto tempo durerà e non sappiamo se mai tornerà tutto esattamente come prima poiché fare una previsione certa risulta impossibile.
Altre pandemie in passato hanno modificato il modo di abitare e anche questa volta inevitabilmente ci saranno dei cambiamenti incentivati ed accelerati da questa esperienza.
L’impatto emotivo e psicologico della pandemia, ma anche il lato più pratico e funzionale, si ripercuote infatti sulla progettazione degli edifici e sulla distribuzione interna degli spazi. Gli architetti si troveranno così a dover ripensare l’assetto che avranno le abitazioni dopo la pandemia.
Gli ambienti lavorativi in parte sono stati annullati e sostituiti dallo smart working, portando ad un salto avanti nell’uso di tecnologie di comunicazione, mentre in parte si sono adattati imponendo nuove norme in cui il distanziamento è una regola fondamentale da ottenere con postazioni di lavoro isolate, ma anche divisori e pareti mobili per rimodulare lo spazio a seconda delle esigenze.
Negli ambienti privati le cose sono un po’ più complesse. I punti saldi del nuovo modo di abitare saranno probabilmente il distanziamento fisico, il limite alla permanenza di troppe persone in uno spazio, l’adozione di sistemi igienizzanti e materiali con proprietà antibatteriche ed antivirali ed il miglioramento della ventilazione naturale.
L’ingresso di casa potrebbe essere reso più indipendente per potersi liberare, in questo spazio che fa da ponte tra esterno ed interno, di ciò che è stato utilizzato fuori e che potrebbe essere dunque contaminato.
Negli edifici condominiali caratterizzati da più livelli ed elevata densità abitativa molto probabilmente si andranno ad integrare soluzioni touchless in sostituzione delle maniglie o dei pulsanti che richiedono un contatto, per l’ascensore o per gli interruttori degli spazi comuni ad esempio.
Infine, gli spazi outdoor saranno maggiormente desiderati e curati per sopperire alla necessità di contatto con la natura. Allo stesso tempo ci sarà la ricerca di case più decentrate con una fuga verso le periferie e piccoli centri, in cerca di maggiore libertà.
In questo nuovo scenario saranno quindi necessari una serie di adeguamenti per rendere le case rispondenti alle nuove esigenze abitative, anche come misura necessaria per affrontare l’eventualità di nuove pandemie.