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Toyo Ito: alla ricerca di un collegamento tra architettura, natura e uomo

8 Febbraio, 2018
raffaela

Nonostante i suoi 71 anni, l'architetto giapponese Toyo Ito continua ad essere il creatore di edifici senza tempo attraverso i quali propone nuove e audaci strade da percorrere. Il senso di unicità e universalità della sua architettura crea un senso di ottimismo, leggerezza e allegria, in grado di integrare struttura, luogo, scenario, tecnologia e paesaggio in un'unica immagine semplice e serena. I suoi edifici sono il risultato di una grande conoscenza architettonica e della sua capacità di affrontare simultaneamente tutti gli aspetti dell'architettura.

Percorso impeccabile

Ito si è laureato a 24 anni presso l'Università di Tokyo, e a 29 stava già lavorando per lo studio Kiyonori Kikutake Architects and Associates. I suoi lavori più famosi, però, appaiono solo qualche anno dopo. Nel 1971 apre il suo primo studio, Urban Robot. Nel 1979 lo studio cambia nome e diventa Toyo Ito & Associates, Architects. Il cambiamento porta un periodo di espansione anche a livello internazionale, coincidendo con il progetto della casa in alluminio a Kanagawa.

Nel 1976 progetta per sua sorella la casa White-U, racchiusa tra cemento e effetti di luce. Nel 1984, a 43 anni, finisce la sua, chiamata Silver Hut e fatta con una struttura di pannelli leggeri e cupole, premiata dall'Istituto per l'Architettura del Giappone.

Nello stesso anno vince il concorso per la costruzione della Tower of Winds della stazione degli autobus di Yokohama. Diventerà uno dei suoi migliori lavori, progettato con lamine e specchi mossi dall'aria che formano un caleidoscopio di immagini e luce. Molti dei suoi progetti puntano a dissolvere il mondo reale in quello virtuale, e trattano argomenti che includono l'idea contemporanea di una città simulata.

Obiettivo: fondere decorazione e struttura

Il lavoro di Toyo Ito è caratterizzato da edifici che evocano figure geometriche, nelle quali si inseriscono complementi semplici o distanti che permettono la libera circolazione di natura, aria, luce e vento, elementi che l'architetto nipponico cerca di trattenere tra i profili leggeri dei suoi edifici, e sotto la cui azione aspira a concepirli.

Attraverso l'osservazione degli elementi naturali cerca soluzioni per lo sviluppo e la costruzione di un progetto, che raggiunge la sua espressione più poetica con la Mediateca di Sendai (2001) in Giappone, la più famosa, innovativa e completa delle sue opere. Ito ha puntato sulla trasparenza.

Architettura e movimento

Ito ha palesato il suo lavoro di ricerca di un'architettura fluida, che non sia confinata dentro gli standard dell'architettura moderna. Immerso in un contesto urbano densamente popolato, il Serpentine Gallery Pavilion (2002) sembra seguire uno schema casuale: in realtà tutto deriva dall'algoritmo di un cubo che si espande e che man mano si allarga. Le linee che si intersecano formano diversi triangoli e trapezi, e la trasparenza e la traslucidità danno una sensazione di movimento continuo.

Non esiste migliore architettura di quella di un albero

Ito vuole inserire la natura in ogni suo progetto. Se gli alberi sono stati gli attori principali, non mancano altre figure naturali che semplificano la formazione di idee, spazi e dettagli costruttivi. La sua volontà di integrare le leggi dell'architettura con quelle della natura, e il suo crescente interesse per le strutture formali basate sulle geometria, coincidono con il pensiero di Frank Lloyd Wright, il quale affermava che l'albero è lo schema base di tutta l'architettura.

In Spagna ha chiamato i canali del parco La Gavia, Madrid, con il nome di "alberi d'acqua". Un tronco è il perimetro della Torre Roja de Porta Fira a Barcellona, una delle due torri costruite recentemente nella Città dei Conti. Lì vicino un altro boschetto piano accarezza il portico dell'ampliamento della Fira, progettata da Ito nel 2003, evocando i palmi di due mani enormi. Il rosso è il colore della terra, un colore passionale e allegro.

Architettura come senso sociale

Tra tutti gli esseri viventi l'uomo è l'unico che ha la capacità di pianificare e sviluppare dei pensieri, tramandare ai posteri le sue conoscenze e modificare l'ambiente circostante. Ecco perchè Ito crede nell'importanza della riflessione sulla relazione tra la tecnologia e le dimensioni fisiche e spirituali dell'uomo:  è il pensiero su cui basa la sua ricerca architettonica, che considera l'approccio alla tecnologia come un metodo per "estrarre qualcosa da un mondo sconosciuto per poter scoprire nuovi concetti circa la natura, l'immaginazione e la poesia". L'architettura diventa così una sostanza chiara e limpida.

Il Padiglione del Giappone, creato da Toyo Ito in collaborazione con Kumiko Inui, Sou Fujimoto e Akihisa Hirata, è fatto di legno levigato proveniente dal tronco di vari alberi. Il padiglione ricostruisce il reale processo di costruzione del centro di accoglienza, di ispirazione tradizionale, della città di Rikuzentakata, distrutta dal maremoto. Questo progetto fa di nuovo riflettere in modo critico sulla relazione tra i dogmi moderni e su come la sopravvalutazione dell'originalità ci ha fatto dimenticare i temi primordiali dell'architettura.

Dal manifesto dell'architettura alla ricerca pratica

Per questo maestro nippo-coreano la complessità concettuale serve per trovare la semplicità fisica. Una norma presente nelle leggi della natura, che il giapponese ha incluso tra le sue. La forma, la struttura, il colore, la texture, le proporzioni, le unioni, le composizioni, il comportamento, la capacità di adattamento e la flessibilità servono e aiutano e delineare e prendere le decisioni sul design delle forme e degli spazi. Non solo aiuta negli aspetti costruttivi, strutturali ed estetici, ma uno spazio progettato come una natura costruita stabilisce e rende possibile il contatto e la comunicazione con la natura nelle zone urbane, in modo cosciente o incosciente per chi lo usa.

Un ovoide arrotonda la cupola del complesso sportivo del 1997 di Odate, Giappone, sostenendo una struttura che precede l'ispirazione dello stadio olimpico di Taipei. Questo edificio monumentale per 45.000 persone, una delle ultime opere maestre di Toyo Ito, sembra un gigantesco faro esposto al vento, la cui pensilina esterna è coronata da innumerevoli pannelli solari disposti a mo' di fiocchi.

Educazione e responsabilità pubblica

L'architetto Toyo Ito osserva e trova ispirazione nell'ambiente dove realizzerà il suo progetto e nel mondo naturale. Grazie a questi due elementi crea un'architettura dai limiti non definiti, fluidi, flessibili e adattati all'ambiente naturale, artificiale, al corpo e alle attività degli utenti. Allo stesso modo crea spazi funzionali, rilassanti, confortevoli e liberi, con l'idea di aumentare la qualità della vita e migliorarla. Ito crede che l'architettura debba essere concepita "da zero", cercando una relazione tra natura, insediamenti, città e esseri umani. Forse la soluzione che Ito cerca si nasconde, di nuovo, nel tronco di un albero.

Nella biblioteca Tama una rete formata da rettangoli tagliati da archi, incrocia i piani verticali creando un bosco di pilastri cruciformi in cemento. Un luogo in cui tutti possono scoprire l'idea di "interattuare", sia con i libri che con la tecnologia multimediale, come se stessero camminando in un bosco o in una caverna. Basta attraversale gli spazi sottostanti alle arcate per percepire l'effetto creato dalla forma morbida.

Nonostante la complessità dei suoi lavori, il suo elevato livello di sintesi gli permette che essi raggiungano un livello di "stabilità" che permette agli abitanti di svolgere tranquillamente le attività quotidiane al loro interno.

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